Impariamo a praticare la CNV
di Giuseppe Valenti
Marshall B. Rosenberg è il creatore della CNV Comunicazione Non Violenta (o Comunicazione Empatica). Psicologo statunitense, amico e allievo di Carl Rogers, ha dedicato tutta la sua vita a creare e diffondere un nuovo modo di comunicare.
La tendenza a giudicare è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione. Carl Rogers
Cercare di comprendere l'altro, i suoi sentimenti e i suoi bisogni può smorzare il conflitto; facilita l'abbassamento delle difese e apre nuovamente al dialogo.
Per Rosenberg, l'essere umano è naturalmente empatico, prova gioia nel dare e nel ricevere, la violenza è frutto di apprendimenti trasmessi dall'ambiente, dalla cultura dominante. Che cosa allora ci fa allontanare dalla nostra natura empatica, portandoci a tenere comportamenti violenti e strumentalizzanti? L'uso di giudizi moralistici, fare paragoni, negare le proprie responsabilità, avanzare pretese.
La violenza è l'espressione tragica di bisogni non soddisfatti. È la manifestazione dell'impotenza e/o della disperazione di una persona talmente priva di risorse da pensare che le proprie parole non siano sufficienti a farsi capire. Allora attacca, grida, aggredisce.
Quello che fanno a noi è la cosa migliore che sanno fare per soddisfare i loro bisogni. La violenza nasce dal modo in cui siamo stati educati.
Quando comprendiamo i bisogni che sono alla base dei nostri comportamenti e di quelli degli altri, non abbiamo più nemici. M. B. Rosenberg
Le quattro componenti della Comunicazione Non Violenta
Per poter esprimere cosa proviamo e ciò di cui necessitiamo per sentirci meglio, Marshall B. Rosenberg ha dato vita ad un processo costituito da quattro fasi attraverso le quali è possibile dare voce a questa nuova modalità comunicativa: osservazione delle azioni, i sentimenti che si provano in relazione a quanto si osserva, i bisogni che sono alla base dei sentimenti, le richieste che vogliamo formulare in modo efficace in connessione con bisogni e desideri per rendere la vita più ricca.
1 - Osservazione delle azioni (Cosa osserviamo)
È di fondamentale importanza osservare quanto succede in modo"neutro", limitandosi a descrivere quanto accade, senza interpretazioni, valutazioni, giudizi, opinioni o altro ("quando io vedo, sento, etc..). Ad esempio un conto è dire "sei il solito disordinato", dove oltre l'affermazione è insito il giudizio, un altro è affermare "sono due settimane che non metti in ordine il garage", dove ci si riferisce esclusivamente ad un fatto rilevato oggettivamente. È bene, pertanto, domandarsi ad esempio "che cosa ho visto - ho sentito io?" "che cosa ha visto - sentito l'altro?"
2 - Identificazione dei sentimenti che ci attraversano (Cosa sentiamo)
Prendere consapevolezza dei sentimenti che si provano durante l'osservazione delle azioni "mi sento... triste, frustrato, felice, confuso". Una domanda da porsi potrebbe essere "quali sentimenti provo vedendo... ascoltando...?" "quali sentimenti prova il mio interlocutore?".
Nella CNV nel termine "sentimenti" sono compresi le sensazioni fisiche, le emozioni, e i sentimenti. Ogni giorno proviamo una grande varietà di stati d'animo con connotazioni diverse, ed è bene ampliare il proprio vocabolario dei sentimenti con tante tinte in grado di colorare le personali gradazioni emotive della vita.
I sentimenti ci informano sui nostri bisogni inappagati: sono i bisogni che danno vita ai sentimenti. Un sentimento spiacevole è il segnale di un bisogno che non è stato ascoltato e soddisfatto.
Un grave errore è attribuire agli altri la responsabilità dei nostri sentimenti; l'origine del dolore è nel bisogno non soddisfatto e non nelle azioni di altri. Queste possono "favorire" i nostri sentimenti, ma non ne sono la causa. La causa si trova in noi, nei nostri pensieri e nel modo in cui percepiamo certe situazioni.
Nell'esprimere i propri stati d'animo e pensieri, spesso si usano parole che in realtà nascondono giudizi impliciti. Ad esempio dire "non mi sento considerato da mia moglie" indica un giudizio verso il comportamento di mia moglie e ciò che dovrebbe fare, aprendo così le porte anche ad un possibile conflitto.
3 - Espressione dei Bisogni (Di cosa abbiamo bisogno)
Prendere consapevolezza dei bisogni che si nascondono dietro ai sentimenti è la "punta di diamante" di questo processo comunicativo.
I bisogni nella comunicazione non violenta sono al servizio della vita e si collocano su un piano generale, comune a tutti gli essere umani. Riconoscere i propri bisogni e soddisfarli chiarisce la propria realtà interiore: ciò che provo e ciò di cui ho bisogno. Utilizzare un linguaggio che nega la responsabilità personale ci impedisce di essere responsabili dei nostri pensieri, sentimenti e comportamenti.
Ad esempio: "ho bisogno di tranquillità" e non "ho bisogno che tu stia tranquillo"; "sono arrabbiato perché non percepisco più il senso di vicinanza" e non "sono arrabbiato perché mi hai abbandonato".
Nel processo empatico è fondamentale ricercare il bisogno che ha dato vita a quel sentimento - "quali sono i bisogni che sottostanno questo sentimento?". Ad esempio di fronte ad una sensazione: "Sono confuso" è necessario chiedersi: "quali bisogni si nascondono dietro alla confusione che provo?" "Quale bisogno insoddisfatto vuole emergere dietro la confusione?". Può/potrebbe essere il bisogno di comprensione, di chiarezza, di appartenenza, etc.
In questa nuova forma espressiva, i bisogni sono considerati universali e simili: avere gli stessi bisogni altrui facilita la comprensione reciproca.
È importante separare i bisogni dalle strategie. Mentre i primi si somigliano, le strategie - per appagare i bisogni - sono personali. Se dico "domenica ho bisogno di riposare" indico un bisogno, ma se dico "domenica voglio andare al mare" indico la strategia per soddisfare il mio bisogno di riposo.
4 - Formulazione delle Richieste (Cosa chiediamo per arricchire la nostra vita)
Che cosa vogliamo che l'altra persona faccia?
Per quali ragioni vogliamo che l'altra persona faccia ciò che chiediamo?
E' importante formulare una richiesta in modo efficace che esprima la soddisfazione del tuo bisogno attraverso la quale si dichiara cosa vorrei che l'altro facesse di concreto per soddisfare i miei bisogni: "vorrei che tu....".
LE RICHIESTE SONO EFFICACI SE RISPETTANO SEI CRITERI:
1) vanno rivolte ad una persona specifica;
2) riguardano il presente;
3) sono concrete;
4) vanno espresse in forma positiva;
5) devono poter essere realizzabili;
6) lasciano la possibilità a chi le riceve di poterle accettare o rifiutare (non c'è pretesa).
Es. "per favore, puoi bussare alla mia porta prima di aprire?" e non "vorrei che tu rispettassi di più la mia vita privata".
Nella richiesta c'è sempre il riconoscimento dei bisogni dell'altro; se è priva dell'espressione dei sentimenti e del bisogno sottostante può arrivare come una pretesa. Inoltre, c'è una linea di confine che separa ulteriormente la richiesta dalla pretesa: nella richiesta è contemplata la possibilità di chi ascolta di rifiutare quanto gli si chiede, senza paura di sanzioni.
Chi sente la richiesta come una pretesa risponde con tre tipi di comportamento:
- Ci manda a quel paese!
- Ci dice di si, e poi ci lascia sbattere
- Ci dice di sì e obbedisce solo per paura.